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Tag: scolastica

Tolleranza nel Medioevo?

Non dobbiamo dare troppo facilmente per scontata l’intolleranza medievale. Agli inizi del XIII secolo possiamo scorgere di riflesso, dibattute in alcune quaestiones scolastiche e in qualche trattato di polemica antiereticale, posizioni favorevoli a una maggiore elasticità nei confronti della devianza religiosa. In numerose opere vengono chiaramente esposte, sia pure per essere confutate, idee poco in linea con l’usuale immagine di un Medioevo naturalmente e irriflessivamente intollerante. Su questo argomento è uscito qualche tempo fa un breve lavoro: Guglielmo Russino, Il dibattito medievale sulla tolleranza: Rolando da Cremona e il Liber suprastella, Mediaeval Sophia (4/2008), pp. 92-103. Per accedere all’articolo è richiesta una registrazione gratuita sul sito di Mediaeval Sophia, la rivista on line dell’Officina di studi medievali. Qui di seguito se ne può leggere l’inizio (si veda più sotto per l’abstract):

Angers, ms. 372, f. 240v

Soldati che combattono gli eretici. Miniatura all’inizio della Causa 23 del Decretum di Graziano, XIV sec. (da Enluminures)


Quando nel 1554 apparve il De haereticis an sint persequendi di Sebastiano Castellione, primo manifesto moderno dell’idea di tolleranza, l’argomento trattato nell’opera non era affatto sconosciuto. Castellione si riallacciava a un dibattito vivo già da alcuni secoli e mai spentosi. Tra il XIII e il XV secolo troviamo discusse con una certa frequenza questioni utrum haeretici sint tolerandi. Sotto varie rubriche, in scritti molto diversi per tipologia e collocazione temporale, tutti i principali generi della letteratura teologica – dalle summae ai sermoni – hanno offerto occasioni per intervenire sul tema. Sono soprattutto i commentari alle Sentenze di Pietro Lombardo a fornire il materiale più abbondante. Nel quarto libro, dedicato ai sacramenti, la distinzione XIII si chiede se gli eretici possano impartire l’eucarestia e alla fine compare una breve nota su Quid faciat haereticum et quid sit haereticus, in cui sono riportate definizioni di eresia estratte da Ilario, Gerolamo e Agostino. Dell’eresia si parla quasi incidentalmente: Pietro Lombardo non avverte la necessità di dedicarvi una trattazione più dettagliata. Però negli anni successivi – quando le Sentenze erano ormai diventate il testo di riferimento nelle scuole teologiche – il problema dell’eresia (cosa sia, come si riconosca, cosa fare di fronte ad essa) cresce progressivamente d’importanza e i maestri della scolastica amplieranno sovente le scarne considerazioni del Lombardo. Non di rado affrontando anche la questione della tolerantia da avere verso degli eretici.

Il seguente prospetto, non esaustivo e anzi largamente incompleto, consente di valutare come l’interesse per il tema non sia mai mancato fino alle soglie dell’età moderna. Indica solo opere in cui ci si interroga esplicitamente de tolerantia. L’elenco crescerebbe notevolmente se inserissimo i numerosi passi in cui se ne tratta sotto altre rubriche:

Alessandro di Hales ofm – Giovanni di La Rochelle ofm
†1245
Summa theologica 3/II-II, n. 760, pp. 749-751: De tolerantia haereticorum

Tommaso d’Aquino op
†1274
In Sent. IV, d. 13, q. 2, a. 3: Utrum haeretici sint sustinendi
ST II-II, q. 11, a. 3: Utrum haeretici sint tolerandi

Riccardo di Mediavilla ofm
†1307
In Sent. IV, d. 13, 5, 4: utrum heretici sint tolerandi

Herveus Natalis op
†1323
In Sent. IV, d. 13, 2: utrum heretici sint ab ecclesia tolerandi

Durando di S. Porziano op
†1334
In Sent. IV, d. 13, 5: Vtrum heretici sint tolerandi

Petrus de Palude op
†1342
In Sent. IV, d. 13, 3: de hereticis, utrum sint exterminandi

Henricus Herpf ofm
†1478
Speculum aureum decem praeceptorum Dei. Praeceptum I, Sermo XIII: utrum heretici sint tolerandi

Gabriel Biel
†1495
Collectorium circa quattuor libros Sententiarum IV.1, d. 13, 2: Utrum haeretici ab haeresi condemnata nominati sint in ecclesia catholica tolerandi

Certo i predecessori di Castellione argomentavano contro la tolleranza, non a favore, e la differenza non è da poco. Tuttavia la semplice posizione della questione suggerisce che nel medioevo un dibattito ci sia stato e che opinioni contrarie fossero effettivamente conosciute. È sin troppo banale osservare che non c’è bisogno di difendere e di giustificare qualcosa che non faccia problema. Se vi è discussione, ciò significa che pur consapevoli di possibili alternative si è scelto deliberatamente in un certo modo. E bisogna allora capire perché.

rogo di albigesi

Cathédrale d’Amiens. Crypte en ivoire représentant une exécution d’albigeois (gallica.bnf.fr)

Abstract

Nel XIII secolo assistiamo a un vero e proprio dibattito sulla tolleranza verso gli eretici. Ne sono testimoni le non infrequenti questioni utrum haeretici sint tolerandi. Indubbiamente i maestri della scolastica si schierano nettamente a favore dell’intolleranza e i loro interventi appaiono funzionali all’azione repressiva intrapresa dalla Chiesa. Tuttavia ciò non deve far pensare a una indiscussa unanimità. L’analisi delle obiezioni e degli argomenti a cui si risponde in tali questioni dimostra una persistente resistenza alle ragioni della persecuzione. Ci si rivolge a concreti (e talvolta identificabili) oppositori. L’accordo fra i maestri non è il riflesso di un comune sentire, ma piuttosto corrisponde all’attivo impegno nella politica repressiva delle istituzioni ecclesiastiche, a cui il mondo universitario è strettamente legato.

In the 13th century we assist at a real debate on tolerance for heretics. This is testified to by the not infrequent questions utrum haeretici sint tolerandi. Undoubtedly the magistri of scholasticism clearly stand up for intolerance and their utterances appear functional to the repressive action of the Church. Nevertheless, this must not lead us to think there was undisputed unanimity. Analysis of the objections and the arguments answered in these debates shows persistent resistance to the reasons for persecution. Concrete (and sometimes identifiable) opponents are addressed. The agreement between the masters is not the reflection of a common feeling, but corresponds, rather, to active commitment in the repressive policies of the ecclesiastical institutions, to which the university world is closely linked.

Keywords: heresy, tolerantia, Roland of Cremona, Rolandus Cremonensis, zizania, Salvo Burci, Liber Suprastella.

Alberto Magno e i demoni della filosofia

Tratto (con qualche modifica) da ALBERTO MAGNO, Tenebra luminosissima. Commento alla “Teologia Mistica” di Dionigi l’Areopagita, introduzione, traduzione e note a cura di Giuseppe Allegro e Guglielmo Russino, Palermo, Officina di Studi Medievali, 2007, pp. 23-24:

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Filosofo ingannato dai demoni. Da Mandragore


Filosofo ingannato dai demoni. Miniatura del XV secolo dal De civitate Dei di S. Agostino. Fonte: Mandragore.

Alberto per la filosofia, per difenderne la legittimità, ha dovuto lottare non poco. Anche all’interno del suo ordine gli ostacoli furono formidabili. Le parole che seguono, violentissime, sono indirizzate proprio ai suoi compagni:

Alcuni che non capiscono niente, in tutti i modi vogliono combattere contro l’uso della filosofia. Questo si verifica in modo particolare tra i Predicatori, dove nessuno si oppone loro. Sono come degli animali bruti, che bestemmiano ciò che ignorano. [1]

Abituati a vedere l’ordine domenicano come un’istituzione strettamente legata alla predicazione e all’insegnamento, vincolata ad una missione intellettuale nella quale non poteva mancare la formazione filosofica, è difficile per noi comprendere appieno il ruolo svolto da Alberto. In realtà, nei primi decenni di vita dell’ordine, era diffusa una certa ostilità nei confronti della philosophia, non sorprendente se consideriamo che ne era avvertita soprattutto l’origine e l’ispirazione pagana e veniva di conseguenza percepita come alternativa alla teologia cristiana.

Nelle Costituzioni del 1228, riprendendo un divieto già presente nella tradizione canonistica (Cfr. GRAZIANO, Decretum I, d. 37, c. 1), si prescrive che i frati non si dedichino alla lettura dei libri «dei pagani e dei filosofi», sebbene sia consentito loro studiare le scienze profane previa una specifica dispensa. [2] Pure Geraldo di Frachet stigmatizza in alcuni aneddoti la curiositas filosofica. Ne ricordiamo due:

In Inghilterra un frate aveva intenzione di abbellire la predica che doveva tenere a degli studenti, con argomenti filosofici. Mentre in cella ci stava pensando, di addormentò e vide in sogno il Signore Gesù che gli porgeva una Bibbia esternamente molto rovinata. Siccome il frate gli fece notare la cosa, Gesù l’aprì e, mostrandogli quanto fosse bella all’interno, disse: – vedi che è molto bella, ma voi la rovinate con la vostra filosofia –.

Un frate lombardo, che studiava nel medesimo studio [presumibilmente Oxford], era perplesso se dedicarsi allo studio della filosofia o della teologia. Gli apparve in sogno un personaggio con in mano un rotolo, nel quale potè leggere i nomi dei defunti dei quali si diceva che erano stati gravemente puniti. Ne domandò la ragione e gli fu risposto: – A causa della loro filosofia –. Quel frate capì che era meglio per lui studiare Teologia. [3]

Amiens, BM ms. 216, t. I
Filosofo che scrive attorniato da diavoli. Da Enluminures

È in questo contesto che Alberto si assumerà il compito di rivendicare con forza la legittimità dell’indagine filosofico-razionale, anche a costo di polemizzare con i contemporanei e persino con i suoi stessi confratelli. Abbiamo visto la foga con cui contrattacca nel passo citato all’inizio. E quasi in risposta agli aneddoti delle Vitae fratrum Tommaso di Cantimpré racconta che Alberto gli confidò come il diavolo gli fosse apparso un giorno a Parigi sotto l’aspetto di un frate che intendeva dissuaderlo dallo studio: Albertus Theologus, frater ordinis Praedicatorum narravit mihi, quod Parisiis illi daemon in specie cujusdam fratris apparuit, ut eum a studio revocaret. [4] Exemplum contro exemplum, pure così si combattevano le battaglie intellettuali.

Thomae Cantipratani Bonum universale de apibus

Il De apibus di Tommaso di Cantimpré

 


NOTE

[1] ALBERTO MAGNO, In Ep. VII, p. 504, 28-32: … quamvis quidam, quia nesciunt, omnibus modis velint impugnare usum philosophiae, et maxime in praedicatoribus, ubi nullus eis resistit, tamquam bruta animalia blasphemantes in his quae ignorant (tr. it. di R. Spiazzi).

[2] Constitutiones Ordinis Praedicatorum II, 28: i frati In libris gentilium et philosophorum non studeant, etsi ad horam inspiciant. Seculares scientias non addiscant, nec etiam artes quas liberales vocant, nisi aliquando circa aliquos magister ordinis vel capitulum generale voluerit aliter dispensare; sed tantum libros theologicos tam iuvenes quam alii legant (Chart. I, n. 57, p. 112). Si veda al riguardo G. MEERSSEMAN, In libris gentilium non studeant. L’étude des classiques interdite aux clercs au moyen âge?, in «Italia medievale e umanistica» 1 (1958), pp. 1-13. Il “conservatorismo” educativo domenicano viene delineato nelle pagine di M. M. MULCHAHEY, “First the Bow is Bent in Study…”. Dominican education before 1350, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Toronto 1998, pp. 54-71.

[3] GERALDO DI FRACHET, Vitae Fratrum XX, pp. 208-209 (pp. 298-299 tr. it.).

[4] TOMMASO DI CANTIMPRÉ, Bonum universale de apibus II, 57, 34, p. 563, Duaci, 1627 (cit. in P. MANDONNET, Siger de Brabant et l’averroisme latin au XIIIe siècle I, Institut supérieur de philosophie de l’université, Louvain 1911, p. XLIX). Per il De apibus su Google Books si veda ora qui.

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p style=”margin:20px 0 0;”>Keywords: Albert the Great (Albertus Magnus), philosophy.

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