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Tag: neoplatonismo

La religione di Giovanni Pico della Mirandola

Recensione apparsa su Schede Medievali 24-25 (1993), pp. 394-395.
Antonino RASPANTI, Filosofia, teologia, religione. L’unità della visione in Giovanni Pico della Mirandola, Palermo, EDI OFTES, 1991, 336 pp. (Facoltà Teologica di Sicilia, Studi IV).

Pico della Mirandola
Giovanni Pico della Mirandola. Illustrazione dagli Elogia
Virorum literis illustrium
di Paolo Giovio (Basilea, 1577).


Una delle contraddizioni che rendono misteriosa e ricca di fascino la figura di Giovanni Pico della Mirandola è data da un certo disequilibrio all’interno della sua opera, fornita di una profonda capacità di suggestione e però, d’altra parte, stranamente elusiva.

Lo studio di Raspanti (con qualche incertezza fra monografia generale e trattazione di un aspetto specifico) si incentra sul nucleo religioso del pensiero di Pico, mettendone in evidenza il ruolo complessivo e illustrandolo analiticamente nel dettaglio delle singole opere. L’introduzione discute le principali ricostruzioni della figura intellettuale del Mirandolano, la prima parte propone un “tentativo di valutazione critica”, mentre un’ampia seconda parte contiene l’analisi delle singole opere.

Non sono molte critiche che si possono fare a un lavoro come questo, solido, ben documentato ed estremamente equilibrato nei giudizi. Ci sono, tuttavia, alcuni punti sui quali si avverte il bisogno di maggiori approfondimenti.

Uno dei meriti principali del volume è dato dall’efficacia con cui vengono effettuati il recupero e la ricostruzione della dimensione religiosa all’interno della quale si consuma la vicenda esistenziale e teoretica del Pico. Quest’aspetto è affrontato dal Raspanti in modo assai deciso e convincente, non è invece altrettanto chiaro che una tale dimensione religiosa sia situabile senza alcun problema nel quadro della più perfetta ortodossia cattolica (e su ciò non sarebbe stata inopportuna una riflessione più articolata).

Ad esempio, la conoscenza di sé e del proprio autentico essere, fondamento di quella “conversione alla filosofia” così intensamente vissuta dal Mirandolano, secondo Raspanti non è il frutto di uno sforzo umano ma scaturisce “dall’incontro personale e gratuito con Cristo” (p. 89). “La natura di questa conoscenza è dunque religiosa, una rivelazione gratuita concessa al chiamato; Dio ha condotto lo sguardo a posarsi sull’io svelandogli la sua dignità” (p. 68).

Ma, che le cose stiano così non viene in realtà dimostrato: non è sufficiente dire che “nell’Oratio e nelle altre opere è chiaro il ricorso all’intervento dello Spirito di Dio e della grazia” (p. 68). Infatti, il problema è che bisogna spiegare come la nozione di grazia debba qui essere intesa: si tratta della grazia agostiniana o di quella pseudo-dionisiana e neoplatonica? Perché la gratuità dei doni divini può anche significare soltanto l’assenza di costrizioni esteriori rispetto a Dio, pur restando tali doni elargiti in maniera continua e indifferenziata. Avremmo a che fare, in tal caso, con una grazia priva di qualsiasi nota di arbitrarietà, non personale ma “ontologica” (inerente cioè alla stessa costituzione degli esseri).

D’altra parte, se la conoscenza di sé sorge invece in conseguenza di una grazia elettiva, come potremo poi dire (p. 58) che Pico fissa nelle pagine dell’Oratio la scoperta della “possibilità, tutta affidata all’arbitrio dell’uomo, di unirsi con Dio”?

Leaf from Johannes Picus de Mirandula's 'De Genere Dicendi Philosophorum' (1498)
Pagina del De genere dicendi philosophorum di Pico (da Flickr.)


Forse, è stato sottovalutato anche il carattere essenzialmente laico (e perciò profondamente umanistico) dell’impegno religioso del Pico. Certo non era nelle sue intenzioni porsi al di fuori del magistero ecclesiastico, eppure negli scontri con Roma emerge qualcosa di meno accidentale di una semplice incomprensione. Nel combattere (contro gli steccati dottrinali della tarda scolastica) la separazione di filosofia, teologia e religione si rivendica in fondo il diritto in quanto uomini all’esercizio della riflessione filosofica e teologica. La conoscenza di Dio è un dovere (e una possibilità) inerente all’essenza più intima dell’uomo in quanto tale, e non riguardante l’uomo solo in quanto inserito nello spazio sacramentale e gerarchico della Chiesa.

Il volume è completato da una dettagliata Tavola cronologica, dalla Bibliografia e dall’Indice degli autori. Si fa sentire la mancanza di un indice dei luoghi citati.


Collegamenti utili



  • Un’eccellente edizione elettronica dell’Oratio de hominis dignitate sul sito del Progetto Pico
  • Il testo delle Conclusiones (sempre a cura del Progetto Pico)
  • Le Disputationes e il De ente et uno su Bivium
  • La biblioteca di Pico della Mirandola
  • La voce su Pico della Stanford Encyclopedia of Philosophy
  • Pico negli Elogia Virorum literis illustrium di Paolo Giovio (Basilea, 1577)

  • Keywords: Giovanni Pico della Mirandola, Johannes Picus Mirandulanus, Theology.

    Le aporie del principio

    Valerio Napoli, competente e profondo conoscitore della filosofia tardo-antica, ha dedicato un bel libro a Damascio, ultimo diadoco della Scuola di Atene (Ἑπέκεινα τοῦ ἑνός. Il principio totalmente ineffabile tra dialettica ed esegesi in Damasciο, Catania – Palermo, 2008). Figura crepuscolare, che assiste alla morte dell’Accademia platonica e al declino dell’antica religione ellenica, Damascio è tra gli autori più affascinanti e meno conosciuti del neoplatonismo greco. Pensatore radicale e provocatorio, le sue opere manifestano una complessità dialettica che non consente letture superficiali e di conseguenza costituiscono un ambito di studi meno frequentato di tanti altri. La solidità del lavoro di Valerio Napoli è pertanto ancora più degna di nota.

    Il vertiginoso inizio del Trattato sui primi principi meriterebbe un posto d’onore in ogni antologia filosofica. Ne propongo qui la traduzione italiana (sostanzialmente un adattamento con lievi modifiche della versione francese di J. Combès) sperando che Valerio non mi rimproveri per qualche errore o incomprensione.


    DAMASCIO

    TRATTATO SUI PRIMI PRINCIPI
    APORIE E SOLUZIONI


    ΔΑΜΑΣΚΙΟΥ ΔΙΑΔΟΧΟΥ

    ΑΠΟΡΙΑΙ ΚΑΙ ΛΥΣΕΙΣ
    ΠΕΡΙ ΤΩΝ ΠΡΩΤΩΝ ΑΡΧΩΝ

    Today we escape, di Manu

    ———————

    I. SULL’INEFFABILE E SULL’UNO
    [Aporetica della nozione di principio assoluto]

    [1. L’aporia del principio]

    Ciò che è chiamato principio unico del tutto è al di là del tutto o è qualcosa che fa parte del tutto, come vertice degli esseri che da lui procedono? E il tutto, diciamo che è con il principio o che è dopo di lui e che procede da lui?

    Da una parte, in effetti, se qualcuno dicesse questo [che il tutto è dopo il principio], come potrebbe esserci qualcosa al di fuori del tutto? Ciò a cui, infatti, assolutamente nulla fa difetto, questo è in senso stretto il tutto. Ma, in questo caso, fa difetto il principio. Dunque, ciò che viene dopo il principio non è il tutto in senso stretto, ma il tutto ad eccezione del principio. Inoltre, il tutto vuole essere una pluralità limitata; giacché l’illimitato non saprà essere esattamente un tutto. Di conseguenza, nulla si manifesterà al di fuori del tutto; la totalità significa, in effetti, un certo limite ed è già un ambito determinato [una περίληψις], nel quale il principio ha valore di limite superiore e ciò che è ultimo rispetto al principio valore di limite inferiore. Il tutto sarà dunque con i suoi limiti. Inoltre il principio è coordinato ai suoi derivati, perché è di questi che è detto ed è principio; allo stesso modo la causa è coordinata agli effetti e il primo a quelli che sono dopo di lui. Ora, la coordinazione unica (μία σύνταξις) della pluralità delle cose che sono, questo è appunto quel che noi chiamiamo tutto. Nel tutto è dunque anche il principio. E, in una parola, chiamiamo tutto in senso stretto la totalità di ciò che ci è possibile in qualunque maniera concepire; ma noi concepiamo anche il principio. Difatti siamo soliti dire “tutta la città” intendendo sia i governanti sia i governati e “tutta la famiglia” intendendo sia il genitore sia i figli.

    D’altra parte, se il tutto fosse insieme con il principio, non ci sarebbe qualcosa [che sia] principio del tutto, perché il principio sarebbe compreso nel tutto; dunque l’unica coordinazione di tutte le cose, che chiamiamo tutto risulta, affinché noi non si debba risalire all’infinito, senza principio e senza causa (ἄναρχός ἐστι καὶ ἀναίτιος). Ora, ogni cosa deve o essere un principio o procedere da un principio; il tutto di conseguenza o è principio o procede da un principio. Tuttavia in quest’ultimo caso il principio sarebbe non con il tutto ma fuori di esso (in quanto principio di ciò che da lui deriva); nel primo caso, invece, cosa mai potrebbe procedere dal tutto come dal suo principio e uscire fuori dal tutto verso il basso come suo effetto? Non sarebbe anche questo effetto nel tutto? Infatti la nozione pura e semplice di tutto non lascia nulla da parte. Il tutto dunque né è principio né procede da un principio.

    Traduzione italiana a cura di G. Russino, basata su Damascius, Traité des premiers principes, texte établi par L.G. Westerink et traduit par J. Combès, vol. 1, Paris 1986, pp. 1-2.

    Keywords: Damascius, Neoplatonism

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