dionysiana

filosofia, religioni e laicità

Un’eterna crisi di valori

Beardsley

Aubrey Beardsley, La danza dei sette veli. Illustrazione dalla Salomè di Oscar Wilde (1893), via Wikimedia Commons

A molti piace ripetere che viviamo in un tempo di “crisi dei valori”, ma quando è cominciata questa crisi? Nel 1919 si era già a uno stadio avanzato di decadenza: ne abbiamo numerose testimonianze, tra le quali si può citare quella offerta dai versi famosi di Yeats:

Things fall apart; the centre cannot hold;
Mere anarchy is loosed upon the world,
The blood-dimmed tide is loosed, and everywhere
The ceremony of innocence is drowned;
The best lack all conviction, while the worst
Are full of passionate intensity.

le cose cadono a pezzi; il centro non regge più;
sul mondo dilaga mera anarchia,
l’onda fosca di sangue dilaga, e in ogni luogo
sommerge il rito dell’innocenza;
i migliori difettano d’ogni convinzione, i peggiori
sono colmi d’appassionata intensità.

Tra il 1918 e il 1922 Spengler pubblicava Il tramonto dell’Occidente annunciando la fine imminente della nostra civiltà. I decenni precedenti (gli ultimi del XIX secolo) non erano stati improntati a maggior ottimismo: l’idea di decadenza permeava gran parte della cultura di quel tempo. Ci sarà una ragione se il movimento letterario all’epoca dominante viene chiamato “decadentismo”, no? Uno dei temi chiave di Nietzsche è proprio la décadence.

Siamo alle origini della contemporaneità e forse è comprensibile che subito, fin da allora, si sia avvertita la tensione tra passato e presente. Più sorprendente (e meno comprensibile) è trovare la “crisi dei valori” imperante in piena “età della fede”, in quel Medioevo integralmente cristiano che dovrebbe rappresentare l’esatto rovescio del nostro secolarizzato mondo contemporaneo. Bernardo di Cluny, proprio come Yeats, vede nella corruzione del suo tempo i segni dell’imminente venuta dell’anticristo:

Hora novissima, tempora pessima sunt — vigilemus.
Ecce minaciter imminet arbiter ille supremus.
Imminet imminet ut mala terminet, æqua coronet,
Recta remuneret, anxia liberet, æthera donet.

Questi sono gli ultimi giorni, i tempi peggiori: dobbiamo stare in guardia.
Ecco l’arrivo minaccioso del giudice supremo.
Egli viene, sta venendo a porre fine al male, a coronare il giusto,
a premiare la giustizia, a liberare il pensiero e a donare il cielo.

Non è certo un testo isolato. La letteratura medievale è piena di lamenti sulla “crisi dei valori” rispetto ai bei tempi antichi. Probabilmente ne conoscete già un esempio celebre: quando Dante, nel quindicesimo canto del Paradiso, incontra il suo avo Cacciaguida, questi rimpiange con versi accorati l’epoca in cui

Fiorenza dentro da la cerchia antica,
[…]
si stava in pace, sobria e pudica.
Par. XV, 97-99

Ma la corruzione dei costumi avanza ormai senza pietà. Consumi superflui, culto dell’esteriorità e avidità di denaro caratterizzano la Firenze trecentesca. Un tempo, scrive Dante, i padri non temevano di compromettere il proprio tenore di vita a causa dei figli, né le culle erano vuote a causa delle deviazioni sessuali.

Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.

Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, ché ’l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vòte;
non v’era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che ’n camera si puote.
Par. XV, 100-108

Come si vede i valori in crisi erano molto simili a quelli di oggi. E c’è un altro aspetto in cui Dante sembra estremamente attuale. Con la stessa lucidità degli ammiratori di Trump e Salvini, egli individuava acutamente la causa principale della corruzione: l’invasione degli immigrati.

Sempre la confusion de le persone
principio fu del mal de la cittade,
Par. XVI, 67-68

Chi, spassionatamente, potrebbe negare l’incompatibilità etnico-culturale dei fiorentini puri con la marmaglia incivile dei villani di Campi Bisenzio, Figline Valdarno, Certaldo e Signa? Come si fa a

[…] sostener lo puzzo
del villan d’Aguglion, di quel da Signa,
che già per barattare ha l’occhio aguzzo!
Par. XVI, 55-57

Quindi la crisi dei valori ha origine nel Medioevo? Neanche per sogno. Facciamola breve, e rinunciamo a ricordare che si tratta di uno stereotipo di cui i latini hanno ampiamente abusato. Gli autori dell’età imperiale rimpiangono la repubblica, ma già allora Catone il censore rimpiangeva il mos maiorum, i costumi degli antenati, ahimè decaduti ai tempi suoi (quelli delle guerre puniche).

Esageriamo. Andiamo proprio agli inizi. La nostra civiltà, la civiltà occidentale, nasce in fondo con la Grecia antica. Ebbene, in età arcaica, il più antico dei poeti dopo Omero scriveva desolato:

fra la quinta stirpe non fossi mai nato, ma prima
io fossi morto, oppure piú tardi venuto alla luce!
Poiché di ferro è questa progenie. Né tregua un sol giorno
avrà mai dal travaglio, dal pianto, dall’esser distrutta
e giorno e notte; e pene crudeli gli Dei ci daranno.

C’è stata un’età dell’oro, poi sono venuti i tempi di argento e di bronzo, ma adesso… oh signora mia, come sono decaduti i valori adesso! Non è più come una volta. Firmato: Esiodo. Direttamente dal VII secolo a.C.

E se la smettessimo, una buona volta, di lamentarci di “crisi dei valori”?


JEAN-LUC NANCY SULLA “CRISI DEI VALORI”

Wikimedia Commons

Lawrence Alma-Tadema, Le rose di Eliogabalo (1888), via Wikimedia Commons

We are consequently swamped from all sides with complaints about the ‘crisis of values’, together with calls for their ‘restoration’. Such value discourse is produced and reproduced countless times. The discourse of values has, however, had no positive effect on all the great collapses, on all the dramas, nor on all the mutations of this century. It has even been an accomplice in their worst excesses. One knows, for example, that the quasi-totality of the corporate body of the German philosophers of the 1930s, of which a majority were ‘philosophers of values’, either belonged, unfalteringly, to Nazism, or failed to oppose it.

Siamo sommersi da tutti i lati da lamentele circa la “crisi dei valori”, insieme con la richiesta di una loro restaurazione. Tale discorso sui valori è prodotto e riprodotto innumerevoli volte. E tuttavia questo genere di discorsi non ha avuto alcun effetto positivo su nessuno dei grandi crolli, su nessuno dei drammi o delle mutazioni di questo secolo. È stato anzi complice dei loro peggiori eccessi. Si sa, ad esempio, che la quasi totalità del corpo dei filosofi tedeschi degli anni Trenta, dei quali la maggioranza era costituita da “filosofi dei valori”, o appartenne, in modo deciso, al nazismo, o mancò di opporsi a esso.

Da Jean‐Luc Nancy, The insufficiency of ‘values’ and the necessity of ‘sense’, in Cultural Values, 1:1 (1997), 127-131, DOI: 10.1080/14797589709367138

Philographics

Fornire una rappresentazione visiva convincente di concetti filosofici astratti è meno semplice di quanto potrebbe sembrare. Per riuscirvi occorrono sia talento artistico sia comprensione teoretica di ciò a cui si vuole dare espressione. Philographics, di Genis Carreras, risponde a questa sfida in modo davvero efficace. Qui sotto se ne può vedere qualche esempio, ma la serie completa merita senz’altro attenzione.

Free Willidealism
relativismdeterminism

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: